ECCO PERCHÉ TRUMP VUOLE COMPRARE LA GROENLANDIA
Cosa c’è dietro il desiderio di Donald Trump sulla Groenlandia
Trump – Groenlandia, Groenlandia – Trump. Un valzer tra queste due parole iniziato tiepidamente durante il primo mandato del magnate statunitense nel 2019, e riemerso prepotentemente nelle ultime settimane, con la seconda vittoria del presidente americano. Nuove e taglienti dichiarazioni quelle del tycoon newyorkese che hanno infiammato teoricamente, per ora, la scacchiera geopolitica mondiale, e indispettito non poco la Groenlandia e conseguentemente la Danimarca. In questo articolo cercheremo di capire perché Trump vuole comprare la Groenlandia a tutti i costi, quali sono le mire e gli obiettivi del nuovo capo del governo U.S.A. sulla più grande isola non continentale del mondo.
Trump e la Groenlandia, una storia che parte da lontano
Come accennato nell’introduzione l’interesse di Trump per la Groenlandia non è una novità, e risale all’agosto del 2019 durante il primo mandato dell’imprenditore. Una proposta d’acquisto, presa tra il serio e il faceto da parte della comunità internazionale e dalle autorità della Danimarca, su un’eventuale cessione dell’isola di ghiaccio.
Il primo ministro della Danimarca dell’epoca e tutt’ora in carica, Mette Frederiksen, rispose garbatamente di no alla bizzarra richiesta di Trump, specificando che la Groenlandia “non è in vendita, e che appartiene a sé stessa”. Una risposta che irritò non poco il presidente americano, tanto da annullare un viaggio ufficiale a Copenhagen programmato per il successivo mese di settembre.
Il ritorno al comando, sei anni dopo, del presidente repubblicano alla guida degli Stati Uniti, tuttavia ha riportato in auge il tema sul controllo del territorio nell’Artico da parte di Washington, con nuove e pesanti dichiarazioni. Messaggi e post inequivocabili che definiscono la Groenlandia “un’assoluta necessità”, e rincarando la dose minacciando l’uso dell’esercito per raggiungere l’obiettivo “non escludo la forza militare”.
Esternazioni forti quelle di Trump che hanno avuto pronta risposta da parte delle autorità groenlandesi e danesi, che questa volta sembrano prendere più seriamente “la Groenlandia appartiene al popolo groenlandese, il nostro futuro e la lotta per l’indipendenza sono affari nostri” la risposta del capo del governo dell’isola artica, Mute Egede, in accordo con la premier danese Mette Frederiksen, che si è mostrata si contraria, ma aperta al dialogo “contenta dell’interesse statunitense per la Groenlandia”.
Perché Donald Trump vuole comprare la Groenlandia
Sono diverse le ragioni e gli interessi del presidente statunitense per l’immensa isola artica, e tutti riconducibili alla potenziale supremazia economica e politica della regione, che si rifletterebbe sull’intero globo. Un’area strategica su molteplici livelli, dalle risorse naturali alla sicurezza nazionale, alla creazione di nuove rotte commerciali. Una zona ricca e allettante non solo per gli Stati Uniti ma anche per le altre potenze, Russia, ma soprattutto Cina, e forse anche per questo Donald Trump è tornato alla carica per la Groenlandia, più che per agire nell’immediato, e comprare o occupare un paese suo alleato nella NATO, per alzare la voce e tenere a debita distanza i competitor da una potenziale miniera d’oro.
La posizione strategica
Uno degli enormi vantaggi della Groenlandia è sicuramente la sua posizione, in cima al mondo a cavallo del circolo polare artico tra U.S.A, Russia ed Europa. Un punto d’arrivo geopolitico e geoeconomico che è sotto la lente d’ingrandimento da oltre 150 anni. Una posizione strategica per la sicurezza nazionale, ideale per stanziamenti e avamposti militari. È bene ricordare che gli Stati Uniti già hanno straordinarie concessioni sul territorio della Groenlandia in accordo con il governo danese.
Durante la Seconda Guerra Mondiale l’ambasciatore danese negli U.S.A, Henrik Kauffmann, firmò un trattato con il governo a stelle e strisce, per contrastare le mire espansionistiche della Germania nazista. Esso garantiva all’esercito americano il permesso di stabilire basi militari sull’isola. Questo accordo intensificò molto i rapporti commerciali tra la Groenlandia, gli Stati Uniti e il Canada, avvicinandola più al Nord America che all’ Europa.
Nl 1951 il Trattato Kauffmann venne sostituito con un altro accordo, che rendeva la Base Aerea di Thule un insediamento permanente. Questo costrinse gli Inuit, la popolazione locale, a trasferirsi in una nuova collocazione, l’odierna cittadina di Qaanaaq.
Risorse naturali e materie prime
Un’altra ragione per cui Trump vuole comprare la Groenlandia è la sua ricchezza di risorse naturali e materie prime considerate “critiche”. La grande isola, infatti, ha riserve sotterranee di circa 43 dei 50 metalli considerati appunto rari e quindi “critici” dal dipartimento di Stato statunitense.
Un gruppo di metalli necessari per il settore tecnologico, come la costruzione di microchip e batterie per veicoli elettrici, dove ha l’assoluto monopolio la Cina. Ciò ridurrebbe la dipendenza da Pechino, poiché le risorse sull’isola sarebbero ritenute considerevoli. Per non parlare poi di petrolio e gas.
Il tutto facilitato dal cambiamento climatico, che facendo aumentare le temperature, permette lo scioglimento dei ghiacciai rendendo più agevole l’estrazione dei materiali dal sottosuolo.
Secondo un rapporto del 2023 del Geological Survey of Denmark and Greenland (GEUS) sull’isola ci sarebbero 6 milioni di tonnellate di risorse naturali note di grafite, 36,1 milioni di tonnellate di terre rare, 235 migliaia di tonnellate di litio e 106 migliaia di tonnellate di rame e vari metalli rari come niobio e metalli del gruppo del platino, molibdeno, tantalio e titanio.
I diversi fattori climatici
Come detto nel paragrafo precedente il cambiamento climatico sta accelerando il ritiro dei ghiacciai, aprendo nuove rotte marittime navigabili, sia militari che commerciali, attraverso l’Artico. La Groenlandia trovandosi al centro di queste trasformazioni ambientali, potrebbe diventare un preziosissimo hub per i traffici commerciali tra Asia, Europa e Nord America, e avere il controllo dell’Atlantico settentrionale. Infatti, è dall’isola artica che passa la rotta più breve tra i tre continenti.
La Groenlandia è anche il fulcro o, meglio, il motore d’accensione dell’Atlantic Meridional Overturning Circulation l’AMOC. Una corrente oceanica fondamentale che influenza e regola il clima della Terra in tanti modi, dando vita a fenomeni climatici come uragani e tempeste invernali. Lo scioglimento dei ghiacciai groenlandesi, carica l’oceano di acqua dolce e di conseguenza rallenta l’AMOC.
A chi appartiene e quanto costerebbe la Groenlandia
La Groenlandia appartiene storicamente e politicamente al Regno di Danimarca; infatti, il suo Capo di Stato è il sovrano danese Federico X di Danimarca, ma oggi gode di un’autonomia amministrativa speciale, con una propria bandiera, un proprio parlamento “Inatsisartut” e un suo capo del governo, il primo ministro Mutè Bourup Egede, giocando un ruolo fondamentale, come abbiamo visto, nella scacchiera geopolitica ed economica mondiale.
Se Donald Trump riuscisse nell’intento di comprare la Groenlandia, quanto la pagherebbe? Non lo sappiamo precisamente ma potremmo orientarci con quanto successo in passato, ad esempio con l’Alaska.
Nel 1867 gli Stati Uniti acquistarono dalla Russia il loro 49° Stato, una regione di 1.518.800 km quadrati, per 7,2 milioni di dollari dell’epoca, 153.5 milioni odierni. Un acquisto considerato folle per l’epoca, ma successivamente rivalutato come un colpo di genio, per la vasta ricchezza del territorio di materie prime e risorse naturali.
Se Trump dovesse annettere l’isola agli Stati Uniti, un territorio con una superfice di 2.165.230 km quadrati, potrebbe venire a costargli intorno ai 230,25 milioni di dollari secondo un calcolo del quotidiano britannico Daily Mail, mettendo in conto un incremento del 50% rispetto al prezzo rettificato per l’Alaska. Un costo non così eccessivo se si pensa che già nel 1946, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli U.S.A provarono ad acquistarla offrendo alla Danimarca 100 milioni di dollari. Una cifra decisamente bassa rispetto al valore potenziale dell’isola artica.
Si potrebbero fare altri esempi di valutazione ma è decisamente molto complesso quantificare e assegnare un valore monetario ad un paese, che a differenza di un’impresa o attività finanziaria, incarna una serie di elementi tangibili e intangibili non quantificabili in una semplice valutazione economica. Si potrebbe iniziare dal suo Prodotto Interno Lordo, il Pil, ma ciò non basterebbe comunque, bisogna considerare anche il tempo. Quando acquistiamo qualcosa si spera che i benefici dell’acquisto persistano nel tempo.
Perché basare il prezzo di acquisto sul valore prodotto in un determinato periodo potrebbe non rispecchiare congruamente il valore di quell’oggetto, in questo caso un paese, per l’acquirente. Nella valutazione complessiva bisogna considerare la capacità di continuare a generare valore e benefici in futuro.
Cosa succede se Trump compra la Groenlandia
Cosa succederebbe se Trump riuscisse a comprare la Groenlandia? Non lo sappiamo, ma possiamo provare ad immaginarlo. Di certo, cambierebbe non poco lo scenario geopolitico ed economico mondiale, con gli Stati Uniti padroni di un’importante fetta di mondo, l’Atlantico settentrionale. Potrebbe diventare il 51° Stato federale degli U.S.A, con un destino simile all’Alaska, per posizione remota e similitudini climatiche e ambientali, e per l’ampia ricchezza del suo territorio in termini di materie prime e risorse. Ma soprattutto come reagirebbero le altre super potenze del mondo. Per ora possiamo solo immaginarlo appunto, ma spesso basta guardare indietro nel passato e leggere la storia per decifrare il futuro.
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