Nuova Legge sul Divorzio 2019: novità divorzio breve, cosa cambia in Italia tra la legge 1970 e quella aggiornata
Informazioni e aggiornamenti sulla nuova legge relativa ai divorzi nel 2019, ecco tutto quello che c’è da sapere…
In Italia, un argomento che è sempre rimasto uguale con il passare del tempo è quello che riguarda il diritto di famiglia. Lo stesso discorso può essere tranquillamente fatto anche per quanto riguarda la legge del divorzio, rimasta sempre identica a se stessa dalla versione 1970. Negli ultimi anni, però, sono state introdotte delle importanti novità che andranno a toccare questo delicato tema. Ad esempio, è nato quello che è stato definito come “divorzio breve”: in poche parole, i tempi che porteranno ad un divorzio definitivo verranno drasticamente ridotti. Andiamo però adesso ad analizzare tutti quelli che sono i cambiamenti che ci saranno in questa nuova legge, spiegando più nello specifico il concetto che riguarda il divorzio breve.
Come già accennato in precedenza, una delle novità più importanti che verranno introdotte nel mondo legale è quello che è stato definito come divorzio breve. Si tratta, nello specifico, di una nuova modalità che consente di ridurre in maniera drastica i tempi che portano ad un divorzio definitivo. In poche parole, mentre prima ci voleva diverso tempo prima di arrivare al divorzio, grazie a questa nuova legge si può raggiungere questo obiettivo nel giro di qualche mese o al massimo di un anno. In questo modo, non solo vengono ridotti i tempi, ma anche i costi relativi all’avvocatura e a quelli che sono i procedimenti giudiziari. Si risparmia tempo e denaro, in poche parole. Ma andiamo a vedere maggiormente nello specifico quelli che sono stati i cambiamenti introdotti grazie a questa nuova legge, entrata in vigore non da tantissimo tempo (esattamente dal 26 maggio 2015) e che tra le altre cose è in grado di portare ad una drastica riduzione dei tempi di richiesta di divorzio. Prima dell’entrata in vigore di questa nuova norma, infatti, dovevano trascorrere almeno tre anni per poter passare dalla separazione giudiziale o consensuale al divorzio vero e proprio. Ora però le cose sono notevolmente cambiate e, come già più volte ribadito, sono notevolmente ridotti i tempi. Entrando maggiormente nel dettaglio, per quanto riguarda la separazione giudiziale (che capita quando i due coniugi non riescono a trovare un accordo definitivo), per passare al divorzio ora ci vuole solo un anno. In caso di separazione consensuale (ovvero quando invece i due coniugi riescono a trovare un accordo) per trasformarla in divorzio devono passare soltanto sei mesi. Questi termini descritti cominciano a decorrere dalla data della prima udienza davanti al Tribunale per quanto riguarda l’omologazione della separazione stessa. Quindi ricapitolando: il divorzio breve è una nuova procedura, introdotta da qualche anno (dal 2015), insieme alla separazione breve che consentono a coniugi intenzionati a far cessare il loro legame di richiederlo in tempi brevi e ristretti. Ora non sono più necessari i consueti tre anni: per quanto riguarda le separazioni giudiziali si parla di dodici mesi, la metà invece per le separazioni consensuali. A patto, però, che l’atto non sia più impugnabile.
Il divorzio breve può essere tranquillamente richiesto sia in presenza o meno di figli e può avvenire in Tribunale oppure in Comune di fronte al Sindaco. Nel primo caso, ovvero se si dovesse procedere con una richiesta effettuata in Tribunale, l’accordo di negoziazione è un atto scritto e formale, che viene sottoposto al Pubblico Ministero esattamente sei mesi dopo l’accordo relativo alla separazione. In questa specifica circostanza, i due coniugi devono necessariamente essere rappresentati da due avvocati differenti, che hanno l’obbligo di presentare l’atto all’ufficiale nel giro di al massimo dieci giorni. Nel secondo caso, invece, ovvero se si dovesse procedere con un divorzio breve in Comune di fronte al Sindaco, non è necessaria per forza la presenza degli avvocati. Si tratta della soluzione tutto sommato migliore per chi vuole ridurre non solo i tempi, ma anche i costi del divorzio: in questo caso, infatti, non è necessario nemmeno spendere per dovere pagare necessariamente un legale. E’ infatti possibile, attraverso l’accordo di negoziazione assistita, procedere con la separazione e il divorzio oppure modificare i termini degli accordi di separazione e divorzio tranquillamente davanti al Sindaco. Si può procedere in questo modo solamente nel caso in cui non ci fossero di mezzo figli minorenni o comunque ragazzi maggiorenni che non siano economicamente autosufficienti o che hanno bisogno di una tutela. Quali devono essere i documenti che devono essere allegati quando si effettua una richiesta per un divorzio breve? In primo luogo, c’è bisogno dell’estratto di matrimonio che solitamente viene rilasciato dal Comune in cui le nozze sono state svolte. Successivamente, è necessario anche il certificato di residenza e lo stato di famiglia di entrambi i coniugi in questione. Nel caso di una separazione consensuale è necessario fornire anche una copia Conforme del Verbale dell’Udienza Presidenziale e dell’Omologa della Separazione. Nel caso di una separazione giudiziale, invece, serve anche la copia conforme della sentenza di separazione ed è indispensabile pure il pagamento di quello che viene definito come Contributo Unificato: la cifra da sborsare corrisponde a 43 euro
Nuova Legge sul Divorzio 2019: cosa cambia in Italia tra la legge 1970 e quella aggiornata
Il divorzio è stato ufficialmente introdotto in Italia, con l’approvazione, avvenuta il primo dicembre del 1970, della cosiddetta Legge Fortuna-Baslini. A dirla tutta, però, la parola “divorzio” non viene mai realmente citata, in quanto si parla generalmente di “cause che hanno portato allo scioglimento del matrimonio”. Da diversi anni ormai, però, il termine divorzio è stato però accettato in maniera globale ed universale. In base a questa norma, come abbiamo visto, dovevano passare almeno tre anni prima che una separazione (che di fatto è il passaggio immediatamente precedente) si trasformasse in divorzio. Sempre secondo questa legge, in questo determinato periodo di tempo non poteva avvenire un riavvicinamento tra marito e moglie, perchè altrimenti il divorzio non poteva essere portato a compimento. Il legislatore, però, ha capito che tre anni non è proprio un periodo così breve e dunque ha deciso di snellire tutta la procedura, andando in questo modo a ridurre in maniera drastica i tempi e i costi di un divorzio. Come abbiamo già visto in precedenza, nel 2015 è stato introdotto il divorzio breve (entrando maggiormente nello specifico, si tratta della legge 55/2015). Oltre a questo, la nuova norma ha portato anche alla creazione di due nuove modalità per semplificare ulteriormente le pratiche di divorzio, evitando in questo modo di rivolgersi direttamente al Tribunale. Stiamo parlando, nello specifico, della negoziazione assistita, che, come abbiamo visto, può portare al divorzio tramite avvocati, mentre la seconda tipologia è la procedura in Comune, che permette di procedere con la richiesta rivolgendosi al Sindaco, senza la necessità di interpellare avvocati e con costi decisamente ridotti, quasi irrisori. Quindi, ricapitolando, esistono tre diverse modalità di richiesta di divorzio: tramite ricorso congiunto al Tribunale, rivolgendosi al Comune e al Sindaco oppure tramite la negoziazione assistita. E’ però necessario sottolineare che non tutte le persone hanno la possibilità di procedere con tutte e tre i diversi tipi di procedura. Possono fare ricorso direttamente al Comune solamente i coniugi che non hanno figli oppure quelli che hanno figli che siano comunque maggiorenni e autosufficienti da un punto di vista economico. In caso contrario, ovvero se la coppia avesse dei figli minorenni, disabili oppure maggiorenni ma non autosufficienti economicamente, si può procedere solamente attraverso la negoziazione assistita tra avvocati oppure tramite il ricorso in Tribunale.
Quello che invece non è stato introdotto è il concetto di “divorzio diretto”. In poche parole, si era paventata l’ipotesi di dare la possibilità alle coppie senza figli di porre fine al matrimonio senza dover procedere con la separazione: in realtà, però, questa nuova norma non è mai stata introdotta.
Ma non solo. In questo momento, infatti, c’è chi da molti anni sta pagando un assegno di divorzio e non vede l’ora di liberarsene. Altre persone, invece, stanno ricevendo un assegno di mantenimento troppo basso per riuscire a portare avanti una vita dignitosa, magari con dei figli a carico, e hanno la necessità di riceverne uno decisamente più sostanzioso. Altre coppie, invece, stanno per divorziare, ma prima di procedere cercano di valutare al meglio quella che, soprattutto da un punto di vista economico, sia la soluzione migliore tra un divorzio consensuale ed uno giudiziale. Altre ancora invece stanno cercando di capire se le novità introdotte dalla nuova legge possano influire tra separazione e divorzio. Quel che è certo, però, è che da qualche anno sono state introdotte delle novità importanti rispetto alla prima legge sul divorzio che era stata emanata, come abbiamo visto in precedenza, nel lontano 1970. Un aspetto che ha portato negli ultimi tempi a notevoli cambiamenti riguarda da vicino gli assegni divorzili: si tratta, nello specifico, della cifra che viene corrisposta nel momento in cui la coppia, dopo sei mesi dalla separazione consensuale e ad un anno di distanza da quella giudiziale, decide di procedere con il divorzio. Procedendo con ordine, in base agli ultimi aggiornamenti, è stato ribadito che l’obiettivo dell’assegno divorzile non è quello di garantire una sorta di “reddito parassitario” nei confronti del coniuge che non vuole lavorare nonostante si trovi in condizioni di salute e di età tutto sommato buone. Ma non solo: lo scopo dell’assegno divorzile non è nemmeno quello di ristabilire la stessa condizione economica che la coppia aveva prima di procedere con il divorzio. In poche parole, non significa che lo stipendio più alto tra i due deve essere diviso tra i due ex coniugi. Sono altri i fattori che vanno a stabilire quello che è l’assegno divorzile, non necessariamente la ricchezza dell’ex coniuge. Dunque, quali sono gli aspetti che possono andare ad incidere sull’importo di un assegno divorzile? In primis, non bisogna tenere conto, come invece succedeva in passato, del fatto che l’assegno debba garantire per forza una situazione di autosufficienza al coniuge più debole economicamente parlando. Inoltre, bisogna comunque tenere in considerazione anche altri diversi fattori, come ad esempio l’età della persona che lo richiede, ma anche quella che è stata la durata effettiva del legame di matrimonio. In poche parole: più il matrimonio è stato breve, tanto minore sarà l’importo del mantenimento. Ma in realtà c’è un fattore che può determinare in maniera importante l’entità dell’assegno divorzile: stiamo parlando, nello specifico, del contributo che è stato dato alla famiglia da parte di quel coniuge che avanza la richiesta dell’assegno. Per spiegare meglio questa specifica circostanza, si può fare il classico esempio della moglie che decide di interrompere il proprio lavoro per badare alla casa e ai figli, dando in questo modo al marito la possibilità di concentrarsi maggiormente sulla propria carriera. Ma non è finita qui. C’è anche un’altra grande differenza tra quello che succede ora rispetto a quanto accadeva in passato. Entrando maggiormente nel dettaglio, da qualche tempo a questa parte, viene esclusa la possibilità di ricevere l’assegno di mantenimento per tutti quei casi in cui l’ex coniuge richiedente sia in possesso di mezzi per condurre una vita quanto meno autonoma e che non abbia contribuito in maniera significativa alla formazione del patrimonio familiare: in questo specifico caso, infatti, un’eventuale disparità economica tra le due parti, non viene causata dalle scelte di vita fatte nel corso del matrimonio.
Per concludere, possiamo affermare che la differenza principale tra la legge sul divorzio del 1970 e quella nuova riguarda in particolar modo la possibilità di procedere con un divorzio breve attraverso la negoziazione assistita. In poche parole, nel nuovo decreto, si parla di questo nuovo strumento che offre ai coniugi soprattutto l’opportunità di separarsi o divorziare o modificare i termini della separazione e del divorzio senza la necessità di doversi per forza di cose presentarsi in Tribunale per discutere la causa. Ai coniugi, dunque, rispetto a quanto accadeva in passato, viene data la possibilità di rivolgersi ad un avvocato che andrà a costruire un accordo che definisca tutti i termini e le condizioni che riguardano la separazione o il divorzio. Ma non solo. Si può procedere con la negoziazione assistita rivolgendo la richiesta anche agli ufficiali di stato che avranno il compito di redigere, compilare, sottoscrivere e trasmettere l’accordo tra i coniugi.
Questi accordi, però, a differenza di quanto succede per quelli che vengono raggiunti tramite un avvocato, non possono contenere patti relativi ad eventuali trasferimenti di patrimonio.
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